Pensieri sparsi sulla siccità
pubblicato il 9 Settembre 2022La siccità, sempre più ricorrente, è uno dei segni del cambiamento climatico in corso, ma, per chi vive in Europa, questo 2022 segna veramente un momento di svolta. Non si tratta solo di numeri, statistiche, appelli di ecologisti e scienziati: a tutti noi durante questo anno arido è capitato di chiedersi “ma ho mai visto questo fiume così secco, ho mai visto questa o quella montagna così senza neve, quel bosco senza foglie a metà estate, quella vecchia fontana smettere di dare acqua?”. I più pensano all’acqua da bere, quella per farsi la doccia, quella per annaffiare il giardino, ma faticano a immaginare cosa significhi la scarsità di acqua nei vari sistemi di produzione di energia elettrica, nei processi industriali e, per quanto ci tocca più da vicino, per l’agricoltura. L’acqua serve in ogni azione quotidiana: lavare, cucinare, raffreddare, costruire, fabbricare e trasportare cose... È per questo che l’acqua dolce andrebbe vista e utilizzata con maggior rispetto: anche se a volte sembra non fare nulla, la sola sua presenza nelle falde sotterranee impedisce alle acque marine di risalire l’alveo dei grandi fiumi e provocare danni gravissimi all’agricoltura e ai pozzi che alimentano ogni giorno le nostre case. Non voglio scrivere qui un trattato sull’acqua e sulle acque, ma raccontarvi cosa è successo a Cantrina in questa calda estate.
Quando non piove abbastanza, prima di tutto si crea una disparità nello sviluppo tra le piante: quelle più vecchie e ormai adulte hanno radici più sviluppate, in grado di pescare in profondità acqua e minerali e di sopportare e superare al meglio ogni avversità, mentre quelle più giovani soffrono, prima crescono poco e spesso non sono in grado di sopravvivere. I nostri vigneti, piantati nel 1991, nel 1997 e nel 2007 (e quindi in piena maturità), sono però composti, mediamente, per un terzo da vigne piantate nel tempo a rimpiazzare quelle che ogni anno muoiono per malattie o cause accidentali. Data l’origine morenica delle colline della Valtènesi, inoltre, vi è una notevole differenza fra i suoli all’interno del singolo vigneto o addirittura del singolo filare. Vista la mancanza di irrigazione e le piogge che tardavano ad arrivare, siamo dovuti passare più volte in vigneto a diradare, togliendo talvolta anche tutta l’uva dalle vigne più in crisi, pur di tenerle in vita, anche se purtroppo per alcune situazioni non è bastato. Un’ulteriore selezione sarà necessaria in vendemmia, buttando a terra le uve non sufficientemente sviluppate. Ciò si tradurrà nel perdere oltre il 30% della produzione – anche di più per le bianche e pinot nero- con circa il 10% di vigne morte, praticamente tutti i rimpiazzi fatti negli ultimi due/tre anni. Fortunatamente, i nostri vigneti sono per oltre la metà piantati su suoli profondi e mediamente argillosi, i quali hanno consentito alle piante di superare il periodo più critico e di condurre una maturazione abbastanza regolare. Attualmente, ci aspetta una vendemmia leggermente anticipata rispetto agli ultimi anni e la maturazione sta recuperando il blocco dovuto al caldo torrido. Potrebbe risultare una annata da alte gradazioni, colori intensi e acidità contenute di fatto più favorevole a fare rossi di struttura che vini freschi e profumati. Nella difficoltà dell’annata è stato comunque quasi commovente vedere come la vite, in una campagna riarsa dal sole, potesse comunque essere l’ultima pianta a resistere verde, in un ambiente semi-desertico, e di questo non possiamo che esserle grati.Ora il ragionamento punta già al futuro, ai prossimi anni, perché, se è vero che dobbiamo in qualche modo abituarci all’innalzamento delle temperature e a eventi climatici sempre più estremi, come possiamo prepararci? Negli ultimi quattro anni, siamo passati dalla grandine del 2019 e 2020 alla gelata della primavera 2021, alla siccità di quest’anno e in talune annate abbiamo dovuto rinunciare a fare alcuni vini o a tagliare drasticamente la nostra già piccola produzione: sarà sufficiente in futuro reagire così alle avversità climatiche o dovremo investire cambiando modo di fare viticoltura? Investire nella realizzazione di un pozzo irriguo, rifare parte dei vigneto utilizzando portinnesti e/o varietà nuove più resistenti al clima che cambia e attrezzando l’impianto con reti antigrandine, potrebbero essere possibili soluzioni, costose non solo in denaro, ma anche e soprattutto in termini di sostenibilità ambientale.
E infine: come tutto questo può o deve poi incidere sul valore dei vini prodotti? Purtroppo non abbiamo altra scelta, se la volontà rimane quella di produrre vini con uno standard qualitativo elevato, quindi senza scendere a compromessi, saremo costretti ad aumentare i prezzi. Cristina e Diego